quinta-feira, 4 de julho de 2013

Una resistenza globale e permanente


Spagna, Grecia, Turchia, Brasile. Ovunque c’è resistenza. In modo poco prevedibile molte persone comuni entrano in azione. Non diventano tutti, dalla sera alla mattina, più consapevoli, però dalla sera alla mattina diventano più speranzosi. E coloro che diventano speranzosi, intasano le strade con il loro dissenso. Cosa hanno in comune queste resistenze? Di certo il rifiuto della politica tradizionale e, naturalmente, della repressione. Ma coloro che intasano le strade sanno anche che per un mondo nuovo ci vogliono sia una pressione costante sul potere che una costruzione creativa diretta, ad esempio attraverso le assemblee di quatiere. Tuttavia, spiega Michael Albert, sanno pure che ora ci sono persone che soffrono, che meritano dei rimedi in questo momento, anche se un nuovo mondo non verrà improvvisamente alla luce adesso. Per questo, dicono, dobbiamo ottenere e sperimentare ora cambiamenti che migliorino le condizione della gente, ma dobbiamo farlo in modi che portino verso ulteriore lotta.
di Michael Albert
brazil-soccerQui, là, e ovunque c’è resistenza. Ebbene, non proprio, non ancora, ma in apparenza imminente. Le persone sono alienate e frustrate, il che è, tuttavia, quasi sempre vero. Le persone sono anche arrabbiate per l’ultimo filo di paglia che ha rotto la schiena del cammello,* l’aumento di una tariffa, un salvataggio in campo finanziario, un taglio al bilancio, un resoconto di spionaggio di vasta portata. Ops, anche questo è quasi sempre vero. Un altro giorno, un’altra schiena di cammello rotta. E quindi che cosa c’è di diverso adesso?
Qualche pezzo di paglia particolare ma imprevedibile fa sì che una quantità sufficiente di persone entri in azione e anche molte altre facciano la stessa cosa. Non diventiamo, dalla sera alla mattina, più consapevoli, più coscienti o più morali. Però dalla sera alla mattina diventiamo più speranzosi. La gente può improvvisamente diventare più gioiosa invece che depressa. Coloro che diventano speranzosi, intasano le strade con il loro dissenso. E oltre un certo punto, si produce altro intasamento, almeno per un po’, e anche maggiore.
I soliti opinionisti , che osservano da dietro le finestre dell’albergo, chiedono, “Perché tutto questo dissenso?”, come quando chiedono: “Quale è la lagnanza immediata?” Naturalmente questa domanda è un perditempo perché le riposte, per quanto eloquenti, non dicono a nessuno nulla di quanto già non sappiano.
Opinionisti più astuti chiedono: “Quale è la lagnanza su larga scala che è alla base”? Anche questa domanda non è però particolarmente utile, perché, di nuovo, la risposta è ovvia. Tutto è sfasciato, tutti, perciò hanno serie preoccupazioni. Enunciare in modo eloquente la gran quantità di quelle preoccupazioni può istruire poche persone che non le condividono, ma a conti fatti dice con gran forza agli affamati che la fame fa male, ai senza tetto che non avere casa fa male, e in generale dire a chi è disprezzato perché è arrabbiato. Naturalmente, però, gli affamati, i senza tetto, e conoscono la senza che glielo dicano gli opinionisti.
Sì, la Spagna è diversa dalla Grecia. La Grecia è diversa dalla Turchia. La Turchia è diversa dal Brasile. E tutti sono diversi da qualsiasi cosa verrà dopo. E, certo, talvolta le differenze sono molto importanti. Avere come presidente una ex guerrigliera rivoluzionaria in Brasile è una cosa, avere un autocratico elitario da incubo come il presidente della Turchia, è un’altra.
Una domanda migliore è: Che cosa hanno in comune le masse di “intasatori”, di dimostranti, di resistenti”?
Rifiuto della corruzione politica.
La criminalità è estremamente irritante. Anche l’ipocrisia. E tutti quelli che ostruiscono le strade sembrano animati, almeno in gran parte, da un rifiuto completo su larga scala dei raggiri di una elite manipolatrice, bugiarda. La corruzione infastidisce la gente.
Rifiuto della politica in sé.
Un passo oltre la crociata contro la corruzione, la gente insulta i politici, i partiti e le elezioni. “Non piegatela, non giratela, o non rovinatela,” uno slogan degli anni ’60 che è di gran lunga più appropriato oggi – sembra avere assunto una nuova forma. “Non istruite, non contate, non contateci, non reclutateci, non dirigeteci.” Per molti di coloro che sono nelle strade, il governo, compresi le elezioni, i partiti, e naturalmente la repressione politica fanno parte del problema. Per alcuni di coloro che sono nelle strade, è perfino tutto il problema. Per pochi è perfino un segno di un modo di pensare moderno per rifuggire assolutamente da qualsiasi tipo di identificazione politica.
Rifiuto del programma
Sembra che ci sia un piccolo passo in più da fare dal rifiutare la repressione a rifiutare la politica a rifiutare di avere un programma di qualsiasi tipo. Questo settore di dissenzienti sente che, avere un programma, vuol dire discuterlo, dibatterlo, richiederlo, e, specialmente, fare questo con delle autorità corrotte. La loro reazione è rifiutare il programma. Pensano che, se dovessimo avere un programma, ci dovremmo rivolgere alle autorità e questo darebbe loro legittimità, e noi ci rifiutiamo di fare una cosa simile.
Rifiuto della repressione
Questo è facile. Ammazzatemi con il gas, bastonatemi, sparatemi. Scommetto che potete indovinare – non lo voglio, non ne ho bisogno. Non lo tollererò.
Disponibilità ad agire
Questo è ovvio, naturalmente – dopo tutto parliamo delle caratteristiche comuni alla gente che è nelle strade, il che significa persone che sono già in azione – quindi questa comunanza è ovvia e molto visibile.

Questo è, naturalmente, ovvio – dopo tutto parliamo di caratteristiche comuni tra persone che scendono in strada, cioè persone che stanno già passando all’azione – quindi questa comunanza è ovvia e molto visibile.
Potrei andare avanti a riconoscere altre cose che hanno in comune i gruppi che scendono in strada da San Paolo a Barcellona e da Atene a Istanbul. La preziosa globalizzazione che chiamiamo internazionalismo, ha portato ad avere molte caratteristiche comuni. La lista di cui sopra è sufficiente per ora perché punta verso una domanda realmente importante: dove porterà il dissenso con queste caratteristiche?
Ognuno dovunque sa che ogni cosa è sfasciata. Ognuno che dissente – e perfino la maggior parte di chi non dissente ancora – sa che i politici che occupano le cariche in maniera preponderante, favoriscono le ingiustizie che ci circondano, non soltanto quando sono per lo più corrotti, ma anche quando operano al loro meglio. E molti che rifiutano i politici sanno – e scommetterei che quasi tutti non avrebbero problemi a essere d’accordo su questo – che questo tipo di comportamento politico non è programmato. Non è genetico. Non è neanche un tipo di male aberrante che si è appreso, che le persone si portano dentro, nelle loro personalità, grazie a un “tirocinio” ricevuto fin dalla culla, o in altro modo. Invece, ognuno sa che i politici contribuiscono all’ingiustizia e alla deprivazione che è visibile dappertutto intorno a noi, semplicemente perché fanno ciò che si suppone facciano. Ottengono cariche per mezzo di campagne di propaganda pagate dai super ricchi. Occupano posizioni esplicitamente designate ad aiutare i super ricchi. Operano all’interno di regole e strutture dove dominano i programmi dei super ricchi.
Ne consegue che i politici non e non possono tradire i “cittadini” perché i politici non rappresentano i “cittadini”. L’unico politico che tradisce è quello rarissimo che in realtà serve il pubblico, serve i poveri, serve la giustizia e l’uguaglianza, perché questo politico raro in effetti tradisce gli interessi di che si pensa che serva, gli interessi che la sua causa è designata a servire – gli interessi dei ricchi e dei potenti.
Movimenti e potere
Ognuno sa anche che un nuovo mondo non nascerà magicamente da uno slogan di dissenso o da un’enorme dimostrazione, ancora meno da un mattone che viene lanciato, o da una fiamma che viene accesa. Un passo in più nell’analisi, e arriveremo all’osservazione che un movimento che non sa che cosa vuole e che non domanda che cosa vuole e che non ha un programma attivo per realizzare ciò che vuole, è, di fatto, un movimento che implicitamente fa delle richieste all’autorità. Un movimento che non è chiaro rispetto ai suoi obiettivi non dice al potere: “Fate quello che giudicaste auspicabile e necessario, anche se, naturalmente non siete d’accordo, perché se non lo farete, vi demoliremo.” Dice al potere: ”Ascoltateci, ci fa male, toglieteci il dolore, e fatelo nel modo che secondo voi ha senso”.
Ironicamente, questo messaggio è esattamente l’opposto dell’intenzione dichiarata dai dissenzienti di non fare richieste al potere o di legittimarlo. E dal momento che le elite a cui si fanno richieste, non ha alcuna idea circa quello che allevierebbe il dolore, tanto meno alcun desiderio di fornire ciò che allevierebbe il dolore, questo non accadrà. Se sentono sufficiente pressione per capire che devono reagire, ma non si mostra loro alcun percorso che devono seguire, ne sceglieranno uno che possono manipolare e pervertire a vantaggio del loro elettorato di super ricchi.
Dissenso e creazione creativa
taksim-protestOgnuno sa, e certamente lo sanno coloro che intasano le strade, che per un mondo nuovo ci vuole una pressione costante e una costruzione creativa, non soltanto il dissenso più la speranza che qualche mediatore del potere elitario agirà con onore. Però ognuno sa anche che ora ci sono persone che soffrono, che meritano dei rimedi in questo momento, anche se un nuovo mondo non verrà improvvisamente alla luce adesso. E quindi che cosa viene fuori come risposta? Fare che cosa, data le conoscenze che condividiamo e dati gli impegni che abbiamo?
Dovremmo ottenere adesso cambiamenti che migliorino le condizione della gente, ma dovremmo ottenerli in modi che portino verso ulteriore lotta invece che verso la dissoluzione e il dissenso.
Ci sono due aspetti che riguardano il raggiungimento di questi scopi. Primo, cercare i cambiamenti che di fatto gioveranno alle persone che hanno bisogno di benefici. Secondo, combattere per ottenere quei vantaggi, in modi che susciteranno ulteriori desideri meritevoli e che creeranno altri impegni e organizzazione del movimento, e anche, quando è possibile, produrranno strutture continue di influenza e estensione del movimento. Le vittorie immediate aiutano coloro che soffrono. I metodi nascono, illuminano e danno forza ai tentativi di ottenere di più. Il movimento perdura e cresce.
Tutto questo può sembrare facile, ma, naturalmente, non lo è. Ottenere un mondo migliore sarebbe fantasticamente complesso perfino se non ci fossero forze potenti che ostacolano il tentativo a ogni passo del percorso. Tuttavia la reazione a quei centri di potere e di coercizione e alle loro bugie e alla loro violenza, non dovrebbe essere di lamentarsi per la loro portata, ubiquità o tenacia. Dovrebbe consistere invece, nel girargli attorno, scavalcarli, esaminarli, dando per garantita la loro presenza, in quanto ostacolo, ma un ostacolo che deve essere superato.
Considerate il problema dei trasporti in Brasile. L’aumento delle tariffe degli autobus ha fatto precipitare il dissenso, ha, naturalmente, danneggiato i poveri. Che cosa dovrebbero cercare? Ebbene, superficialmente, naturalmente, sarebbe una cosa eccellente ritornare alle solite tariffe che c’erano erano in precedenza, e poi ridurle ulteriormente. Come si dovrebbe parlare di questo? Una buona scelta sarebbe di insistere che il trasporto dovrebbe essere gratuito perché le circostanze e le situazioni delle persone dovrebbero essere eque. Ma se il governo cede e sovvenziona i trasporti, ma ne paga i costi, in gran parte o anche in modo preponderante prendendo i soldi da coloro che avrebbero pagato le tariffe aumentate? Può darsi che il governo tassi in modo regressivo i poveri. Forse per punizione riduce i propri servizi. In entrambi i casi, il governo avrà raggirato Peter (i poveri), anche se in un modo nuovo, per far vedere che paga Peter (i poveri), e nel frattempo Paul (i ricchi) ride di questo risultato. Mettete la situazione in un contesto, e non ho idea di che cosa avrebbe più senso in Brasile; forse, però, una tassa sugli autotrasporti, o sui trasporti aerei o su tutte le forme di trasporto che pagano i ricchi per diminuire le tariffe degli autobus e renderle poi gratuite. O forse il pagamento potrebbe venire da una riduzione dei servizi che mirano a beneficiare i ricchi, come le spese militari. Un breve, la richiesta dovrebbe assicurare che per pagare il povero Peter non prendiamo denaro dall’altra tasca di Peter, ma invece lo prendiamo dal ricco Paul.
Il ragionamento di cui sopra si applica quando si tratta di difficoltà di bilancio di tutti i tipi. Ci si può immaginare che la il fulcro delle richieste si estenda a problemi di accesso all’istruzione, alle tasse in generale, anche alla retribuzione, e alle ore di lavoro.
Considerate un’altra dimensione. Che cosa dovrebbero fare i movimenti riguardo ai governi e ai politici e ai media? Una possibilità sarebbe quella di domandare dei cambiamenti. Un’altra possibilità sarebbe di costruire alternative. Non si escludono a vicenda. Infatti ognuna può e dovrebbe improntare e incoraggiare l’altra.
Quindi, per quanto riguarda le richieste, ci potrebbero richieste di nuove spese, di tasse diverse, di politiche diverse di controllo, nuove procedure di voto, e nuovi benefici sociali. Oppure, per quanto riguarda i media, ci potrebbero essere richieste di nuove sezioni dei giornali e dei programmi di notizie alla televisione che potrebbero essere supervisionati dai movimenti popolari o dalle organizzazioni popolari di base o anche da pubblici plebisciti. In ogni caso lo scopo sarebbe di migliorare le vite delle persone nel momento attuale e di spingere il governo e/o i media verso una maggiore partecipazione e vigilanza pubblica. La discussione, tuttavia, formulerebbe ogni cosa in base a valori e scopi recenti a lungo termine – compresi, per esempio, l’autogestione popolare, in modo da chiarire che i vantaggi immediati non sono un fine, ma invece una tappa intermedia per cercare di ottenere ulteriori vantaggi.
Assemblee di quartiere
In quanto alla costruzione, le possibilità dirette, sebbene molto difficili, sono: creare assemblee di quartiere per cominciare a subentrare all’autorità locale e anche a esercitare pressione per decisioni a più alto livello, compresa quelle di andare verso il controllo di queste. Analogamente, creare media alternativi sarebbe un’azione contrapposta nei suoi motivi e nella sua struttura alla opinione corrente. Come troverebbero i movimenti i mezzi per pagare tutto questo? Un’opzione sarebbe la richiesta al governo di sovvenzionare questi tentativi.
Infine, che dire di creare mezzi di organizzazione per l’attività continuativa del movimento e per arricchirne l’impegno e la creatività? Un mezzo sono quelle stesse assemblee di quartiere, ora considerate sedi di dibattiti ed di formulazione di programmi attivi. Un altro veicolo sono i media alternativi come mezzo di diffondere chiarezza e visione. Una terza opzione, tuttavia, sarebbe di creare un’organizzazione nazionale, allineata a livello internazionale con altre istituzioni nazionali, tutte caratterizzate da impegni ideali e strategici condivisi, e da impegni programmatici, dalla solidarietà e dall’aiuto reciproco. Anche questo fornirebbe una sede e un mezzo per un programma e per la lotta.
Si potrebbe anche immaginare un organizzazione di questo tipo, con legami al di là dei confini, che sviluppa la solidarietà per impegnarsi in massicce campagne internazionali per la pace e la giustizia, per la riallocazione della ricchezza nazionale non per la guerra e dalla repressione e a favore l’istruzione e la sanità, per una campagna seria ed effettiva per porre fine al riscaldamento globale, per avere settimane lavorative più brevi in tutto il mondo, per la redistribuzione del reddito tramite cambiamenti dei salari minimi e dei salari in generale, e delle tasse, per porre fine alle violenze contro le donne e gli omosessuali, alle violenze razziste e alla repressione dell’immigrazione, tutte realizzate in un modo designato non soltanto a ottenere benefici immediati, ma a stimolare nuovi desideri e nuove lotte che conducano verso un mondo nuovo.
Come succede sempre quando ci sono imponenti insurrezioni popolari, i risultati sono incerti. L’opinione corrente userà mezzi di cooptazione e di coercizione per cercare di incanalare energie in Spagna, Grecia, Egitto, Turchia, Brasile, in tutto il Medio Oriente e in qualsiasi altro luogo dove esplode il dissenso, verso il ripristino dello status quo di ineguaglianza duratura. La destra cercherà di spaventare e provocare la gente e di generare quindi una deriva verso risultati di tipo più fascista. Lo stesso dissenso di massa non deve accontentarsi di essere vasto, visibile, o anche di essere aggressivo, sebbene tutti questi attributi siano essenziali. Il dissenso di massa deve invece diventare informato, unificato e organizzato.
Qui potrebbe essere l’opinione conclusiva. Contrariamente a ciò che sentono spontaneamente molti che sono coinvolti nell’attuale dissenso di massa, non dovremmo permettere che la nostra ansia giustificata verso il governo attuale e verso i politici ci faccia rifiutare le richieste di cambiamenti che possono aiutare le persone proprio adesso. Certo, è essenziale evitare la cooptazione nei dibattiti statali definiti dai governi e dalle elite in generale. Certo, è anche fondamentale evitare di fare appello alla saggezza o alla generosità inesistenti dell’elite. Questi perseguimenti sono sciocchezze. Non c’è però qualsivoglia ragione, mentre le elite occupano le posizioni di potere nella società, di non costringerle ad arrivare a migliori risultati anche se noi orientiamo fermamente le nostre scelte e le nostre logiche e le nostre spiegazioni verso l’eliminazione finale delle posizioni di potere.

* E’ un proverbio di origine araba, riferito a come un cammello viene caricato oltre la capacità di muoversi o di stare in piedi. Corrisponde al nostro detto: la goccia che fa traboccare il vaso (n.d.t.)

Fonte: znetitaly.org (traduzione di Maria Chiara Starace).
Michael Albert, economista della sinistra statunitense, impegnato da anni con i movimenti degli studenti e contro la guerra, si definisce un abolizionista del mercato. Co-editore della rivista online Z Net, è autore di numerosi articoli e libri, tra quelli tradotti in Italia “Oltre il capitalismo” (eleuthera) e “L’economia partecipativa” (Datanews).

Nenhum comentário:

Postar um comentário